IMPARARE a mangiare meglio grazie a un’app sul telefono e un sensore sul braccio. È la promessa di alcune aziende sanitarie americane, che hanno ideato dei dispositivi tecnologici (del tutto simili a quelli utilizzati dai diabetici per il monitoraggio continuo della glicemia) per persone sane che vogliono scoprire in che modo il proprio corpo reagisce ai pasti.
I sensori rilevano i livelli di glicemia nel sangue 24 ore al giorno e trasmettono i dati al cellulare, permettendo a chi li utilizza di scoprire in tempo reale come i cibi modificano i livelli ematici di zucchero e, attraverso prove e tentativi, di fare scelte alimentari più equilibrate. L’idea che persone sane controllino costantemente la glicemia con dei CGM, i “continuous glucose monitor” inventati anni fa per la gestione del diabete, rappresenta una novità, ma è in linea con la crescente attenzione al tema della nutrizione personalizzata.
Ti potrebbe interessare anche:
- Scopri la deliziosa zuppa di verdure e legumi: perdi peso gustando un piatto sano e veloce!
- Scopri come abbellire la tua casa a Natale con soli 2,50 euro: i nuovi arrivi imperdibili!
- Rendi il tuo pranzo domenicale unico con una pasta al sugo da leccarsi i baffi: unisci gli ingredienti, riscalda in padella e gusta!
“Ormai non si può più ragionare solo in termini di calorie e schemi dietetici standardizzati perché sappiamo che ogni volta che mangiamo la composizione del nostro sangue si modifica e ognuno di noi reagisce in modo diverso al cibo” spiega Pier Luigi Rossi, docente di Scienza dell’alimentazione all’Università degli Studi di Bologna e ideatore del metodo molecolare, una dieta basata proprio sul controllo glicemico per migliorare la propria salute. “Il sorpasso delle calorie non si è ancora completato, ma la ricerca scientifica internazionale studia sempre più le reazioni del corpo ai nutrienti. Noi esperti sappiamo che fattori individuali come genetica, flora intestinale e stile di vita influenzano il modo in cui rispondiamo agli alimenti. Quindi un dispositivo che monitora la glicemia e aiuta a identificare i cibi che la incrementano eccessivamente può di certo aumentare la consapevolezza e la conoscenza sul proprio stato di salute”.
La glicemia, cioè la concentrazione ematica di glucosio (zucchero), è in effetti il parametro che cambia maggiormente dopo mangiato e che determina un incremento dell’insulina. “Più la glicemia sale, più l’insulina aumenta per riportare il sangue ai livelli normali – continua Rossi – anche se la dieta va personalizzata, esiste un consiglio universale per tenere la glicemia post-prandiale sotto controllo: ogni piatto principale dovrebbe essere preceduto da verdura cruda e seguito da verdura cotta. La prima agevola la digestione perché ricca di fibra che fa barriera sulla parete dell’intestino limitando l’assorbimento del glucosio; la seconda è essenziale per il metabolismo delle cellule adipose”.
Uno studio pubblicato su Plos Biology nel 2018 e condotto con CGM su un campione di 57 adulti ha evidenziato picchi glicemici frequenti e poco salutari in molti dei partecipanti sani, bollandoli come campanelli d’allarme per lo sviluppo di diabete di tipo 2 e altre malattie infiammatorie croniche. “Sappiamo con certezza che i picchi glicemici sono dannosi” conferma Simona Frontoni, esperta della Società Italiana di Diabetologia e direttore dell’Unità Endocrinologia e Diabetologia ospedale Fatebenefratelli Isola Tiberina Roma. “Qualche anno fa abbiamo pubblicato sul Journal of Clinical Endocrinology and Metabolism un lavoro sulla reattività cerebrovascolare, cioè sulla capacità del nostro cervello di rispondere ad alcuni stimoli. Una buona reattività cerebrovascolare è sintomo di un endotelio cerebrale sano, quindi di vasi sanguigni puliti e in buona salute. Inducendo sperimentalmente un picco glicemico in soggetti non diabetici, abbiamo visto che anche una singola variazione della glicemia può alterare negativamente la reattività cerebrovascolare in un paziente sano rendendola uguale a quella di un diabetico”.
Secondo l’esperta, l’utilizzo di dispositivi di monitoraggio nella popolazione sana potrebbe cambiare lo stile di vita di molti e aiutare i medici a fare diagnosi precoci. “Oggi il diabete di tipo 2 si individua in fasi avanzate – sottolinea Frontoni – e questo in parte dipende dal fatto che si considera la glicemia a digiuno come unico parametro per la diagnosi, quando invece non è cosi. Anche se la glicemia a digiuno è normale, infatti, potrebbero essere già presenti alterazioni glicemiche, ad esempio dopo i pasti. L’impiego di sensori che rilevano la glicemia tra i sani, dunque, potrebbe aiutarci a individuare proprio queste fluttuazioni giornaliere, non evidenti in soggetti magari già pre-diabetici”.
Ma i CGM potrebbero aiutare anche a perdere peso. Per la dieta molecolare ideata dal nutrizionista Rossi si può ottenere un dimagrimento quando il valore della glicemia dopo pranzo non va oltre i 130 mg/100 ml entro un’ora. Stimare livelli glicemici che definiscano uno stile di vita sano, invece, non è così semplice. “Per capire se un diabetico sta controllando bene la malattia, si considera il parametro time-in-range, cioè quante volte in un giorno, confrontando tutti i dati, la sua glicemia è considerata corretta. Se si diffondesse l’utilizzo dei CGM tra i sani, si potrebbero definire parametri di questo tipo anche per loro. In un diabetico si considera ben controllata una glicemia che dopo due ore dal pasto non supera i 160 mg/100 ml; quindi provando a traslare i dati, per una persona sana un dato accettabile potrebbe essere sotto i 160 mg/100 ml o ancora più basso”.