La pasta al dente presenta un vantaggio enorme rispetto la pasta ben cotta o addirittura scotta. Questo perché la pasta al dente presenta un minor indice glicemico. Una cottura prolungata fa si che l’amido diventi più facilmente – e quindi velocemente- assorbibile. L’amido della pasta al dente invece è assimilabile in maniera graduale, evitando così bruschi innalzamenti della glicemia. La pasta cruda d’altra parte non è molto digeribile, in quanto gli enzimi digestivi faticano a processarla. Mentre la pasta scotta risulta collosa e altrettanto indigeribile. Quindi la cottura al dente è proprio l’ideale, in ogni caso.
Anche se “sapersi fare un piatto di pasta” è un modo per indicare qualcosa che tutti sarebbero in grado di cucinare con semplicità, in realtà cucinare un piatto di pasta a regola d’arte richiede alcune nozioni. E richiede un minimo di attrezzatura adatta allo scopo. La pentola ideale è di forma cilindrica, meglio se medio grande perché per ogni 100 gr di pasta occorre almeno un litro di acqua e 10 grammi di sale. Questa regola è nota come 100 – 1 – 10, molto facile da ricordare. Un modo per renderla più digeribile è ridurre i grammi di sale ad 8, ricordando di aggiungerlo solo nel momento di ebollizione. Aggiunto prima allungherebbe solo il tempo di attesa.
La pasta va versata tutta insieme o lasciata di colpo se si tratta di formati lunghi. Diffidate di coloro che preparano la pasta “ad occhio” e seguite per bene i tempi di cottura indicati sulle confezioni, che oramai in genere riportano anche quanto prima scolarla per averla al dente. In genere è sufficiente per ottenere una cottura perfetta anche senza assaggiare la pasta. Un modo per ottenere un’ottima legatura tra la pasta e il suo condimento è scolare la pasta a metà cottura e tenere da parte un po’ di acqua, per poi fargli terminare il tempo in padella o tegame insieme al sugo. L’acqua va aggiunta man mano in modo che la pasta faccia in tempo ad assorbirla senza che, al momento di spegnere, ci si trovi con un guazzabuglio.
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