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Ci sono piatti che sono più di una lista di semplici ingredienti messi insieme e di un procedimento. Nascondono infatti vere e proprie narrazioni, che raccontano di tempi lontani – appassionati e leggendari – e che si tramandano di generazione in generazione. O di sfoglina in sfoglina, come nel caso del tortellino di Valeggio sul Mincio – in dialetto agnolin –, un borgo medievale vicino Verona dove si respira un’aria sospesa e magica. Protagonista assoluto di una recente prova in esterna del famoso programma televisivo di cucina, MasterChef Italia, questo piccolo scrigno di pasta ripiena ha però rivelato un altro tesoro, oltre alla farcia: una storia che affonda le sue radici nelle acque del Mincio e che narra di un amore impossibile, ma eterno… La fiaba poi è diventata leggenda e la leggenda ha fatto sì che questo tortellino conoscesse una denominazione più fortunata, con cui oggi è conosciuto in tutto il mondo: il nodo d’amore di Valeggio. Curiosi di scoprire perché questo nome così curioso? Allora seguiteci, perché – nel mese più romantico dell’anno – abbiamo deciso di portarvi con noi alla scoperta di questa specialità per celebrare l’amore in tutte le sue forme.
Più di un “tortellino”: la leggenda del nodo d’amore di Valeggio
Non è possibile parlare di questo tortellino senza raccontarne la storia, perché le origini e la ricetta stessa si riallacciano proprio a una fiaba dai contorni leggendari ideata e raccontata da Alberto Zucchetta, maestro orafo, studioso di simbologia medievale e grande appassionato di cucina. La leggenda riprende personaggi e fatti della storia dell’epoca ed è ambientata alla fine del ‘300, quando l’Italia settentrionale è attraversata da numerose guerre: il signore di Milano, Giangaleazzo Visconti, detto “il Conte di Virtù”, si apposta con le sue truppe sulle sponde del fiume Mincio con l’obiettivo di sviluppare un piano per attaccare i nemici. Ma è a questo punto che entra in scena la magia, perché nell’accampamento il buffone Gonnella inizia a raccontare ai soldati una leggenda locale. Pare che quel fiume sia popolato da splendide ninfe che, di tanto in tanto, escono dalle fredde e torbide acque per danzare. Ma una terribile maledizione ha condannato le bellissime creature trasformandole in orride streghe…
Proprio quella notte, le ninfe-streghe escono dal fiume e iniziano a danzare tra le tende dei soldati addormentati. Ma il valoroso capitano Malco, ridestatosi dal sonno e vedendo questi misteriosi esseri incappucciati, li affronta coraggiosamente, facendoli fuggire verso il fiume. Una di queste ninfe viene raggiunta e, nel tentativo di liberarsi, perde il mantello e rivela così la sua vera identità: non quella di un essere mostruoso, ma di una ninfa incantevole chiamata Silvia. Inutile dire che tra i due è amore a prima vista, come in tutte le grandi storie, al punto che giurano di amarsi per l’eternità: all’alba, prima di tornare nel suo regno incantato, Silvia lascia a Malco un fazzoletto di seta dorato come pegno della sua fedeltà.
Passa un giorno, e la sera seguente si tiene un ricevimento presso la Corte del Conte di Virtù: tra le danzatrici, Malco riconosce immediatamente la sua Silvia, che è uscita dalle profondità del fiume soltanto per poterlo rivedere. Ma questo amore non s’ha da fare, come direbbe Manzoni: infatti, gli sguardi dei due innamorati attirano le gelosie di Isabella, nobile dama, nonché cugina – guarda caso – proprio del Conte, da tempo invaghita del capitano. Isabella denuncia Silvia come strega, ma quando le guardie stanno per arrestarla, Malco si mette in mezzo permettendo alla ninfa di fuggire.
Malco è solo, disperato e imprigionato. Isabella gli fa visita, pentita dalle sue azioni, e chiede perdono. Ma in quel momento riappare anche Silvia, riemersa dal fiume per liberarlo, e costringe Isabella a lasciarli andare. La ninfa ha un piano: un luogo sicuro per vivere il loro amore esiste, ma non si trova su questa terra… L’unico modo che hanno per stare insieme è quello di trovare rifugio proprio nelle acque tumultuose del fiume. Malco accetta senza pensarci due volte e i due fuggono. Ma il Conte, allertato dalle guardie, li insegue: sarà proprio Isabella a fermarlo momentaneamente, per dare ai due fuggiaschi il tempo di raggiungere il fiume. E infatti, quando il Conte e le guardie arrivano sulle sponde del Mincio, è troppo tardi: abbandonato sulla riva, c’è solo un fazzoletto di seta dorata, annodato dai due amanti come simbolo del loro eterno amore…
Per ricordare questa storia struggente, le donne locali hanno iniziato a tirare, nell’intimità delle proprie case, una sfoglia sottile come la seta e gialla come l’oro più prezioso e che, una volta farcita, viene poi simbolicamente “annodata” similmente al drappo della ninfa Silvia: ed è così, narra la leggenda, che nacque il nodo d’amore.
Il nodo d’amore di Valeggio sul Mincio: ingredienti e caratteristiche
Inventata o meno, questa leggenda ha permesso al tortellino di Valeggio – un prodotto senz’altro d’eccellenza, ma ancora sconosciuto al di fuori dal proprio territorio – di affascinare una grande fetta di pubblico, diventando appunto famoso come “nodo d’amore”. Il diritto del nome appartiene all’Associazione Ristoratori di Valeggio, depositaria anche della ricetta originale. Ma cosa rende questi tortellini così speciali?
Sono stati definiti tortellini “romantici”, sia per la leggenda ovviamente, sia perché – a detta di chi li fa e li ha provati – sono indimenticabili. Come abbiamo anticipato, si tratta di un tipo di pasta fresca ripiena, la cui sfoglia deve essere sottilissima, quasi un velo (proprio come la seta), fatta con circa 10 uova per chilo di farina. Il ripieno è ciò che li distingue dagli altri tortellini, perché è particolarmente delicato. Consiste infatti in un brasato di carni di manzo, vitello, maiale e anche pollo, macinate e mantecate solo con un uovo. Non c’è aggiunta quindi di alcun formaggio o salume, come per i tortellini bolognesi, che prevedono un ripieno di – oltre che di uova e noce moscata – lombo di maiale, prosciutto crudo, mortadella di Bologna e Parmigiano Reggiano. I nodi d’amore si gustano in brodo, meglio se misto di cappone e manzo, e sono sono talmente apprezzati in questa versione da essere richiesti così anche in pieno agosto, un po’ come per i tortellini bolognesi che – per i puristi – andrebbero consumati soltanto “annegati”. Altrimenti, possono essere serviti con un condimento al burro fuso e salvia, come per il classici tortelli.
La ricetta del nodo d’amore di Valeggio
Ogni anno a giugno, dal 1993, a Valeggio sul Mincio si tiene una festa proprio in onore del Nodo d’amore, che culmina con una sontuosa cena all’aperto per oltre 3.000 commensali, seduti attorno a una tavola lunga più di 1 km sul Ponte Visconteo. Pensate che per l’occasione si sfornano ben 13 quintali di tortellini! Ecco, di certo non c’è bisogno di prepararne per un esercito, ma perché non provare comunque a realizzare a casa i nodi d’amore per il prossimo pranzo domenicale o per una romantica cena a lume di candela in occasione di San Valentino? La ricetta originale è depositata dall’Associazione Ristoratori di Valeggio, come abbiamo detto, ma vi riportiamo comunque la versione pubblicata dalla Pro Loco stessa di Valeggio sul Mincio.
Ingredienti
Per la sfoglia
- 1/2 kg di farina 00
- 5 uova intere + 1 tuorlo
- q.b. di sale
Per il ripieno
- 150 g di stracotto di manzo
- 50 g di maiale
- 50 g di polpa di vitello
- 25 g di durelli di pollo
- 1 uovo
- q.b. di noce moscata
Per cuocere
- brodo di carne
- salvia
- burro
Procedimento
- Per prima cosa occupatevi della sfoglia: su una spianatoia disponete la farina a fontana con un buco al centro e aggiungeteci le uova. Incorporate il tutto prima con l’aiuto di una forchetta, poi impastando con le mani fino a formare un panetto sodo ed elastico. Ricoprite di pellicola per alimenti e lasciate riposare almeno mezz’ora.
- Nel frattempo in una padella cuocete a fuoco dolce nel burro il manzo, il maiale e il vitello e i fegatini separatamente con battuto di cipolla, carote e sedano e un mazzetto di erbe aromatiche, irrorandole di vino bianco. Unite il tutto e macinate, lasciando raffreddare. Aggiungete un uovo sbattuto per mantecare e un pizzico di noce moscata.
- Prendete il panetto di pasta, stendete con il mattarello la sfoglia fino a farla diventare sottilissima – di circa 0,3 mm, massimo 0,5 mm – e tagliatela a quadretti di circa 3 cm per lato. Al centro di ognuno sistemate un cucchiaino di ripieno e richiudeteli dando loro la caratteristica forma del tortellino, prima piegandoli a metà e poi unendo verso il basso i lembi opposti. Data la sfoglia così sottile, la velocità nell’“incartare” i tortellini è fondamentale, perché altrimenti la pasta tende a seccarsi.
- Lasciateli asciugare all’aria e cuoceteli poi nel brodo bollente per un paio di minuti. Infine conditeli con burro fuso dorato e foglioline di salvia.
Conoscevate la leggenda dietro il nodo d’amore di Valeggio, il tortellino più “romantico” che ci sia? Avete mai pensato di prepararlo per le persone a voi più care?
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