La dieta del ghiaccio mira ad aumentare il metabolismo grazie al consumo di cibi gelati, un principio che, almeno apparentemente, può sembrare invitante nella stagione estiva. Tornato in auge di recente, però, questo piano alimentare sconta limiti concettuali e controindicazioni da non sottovalutare. Ma cosa prevede e che risultati può dare? Per saperne di più, in questo approfondimento abbiamo coinvolto nuovamente il professor Enzo Spisni, fisiologo della nutrizione dell’Università di Bologna, che ci spiegherà perché anche la Ice diet è da inserire tra le diete dannose da evitare.
Come nasce la dieta del ghiaccio: origini e caratteristiche
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Nell’ambito del panorama dei piani dimagranti, la dieta del ghiaccio sicuramente è tra le più singolari, oltre a essere piuttosto estrema sotto il profilo nutrizionale, e per questo paragonabile alle diete liquide. Concepita nel 2010 dal gastroenterologo statunitense Brian Weiner, pare che recentemente abbia attirato di nuovo un certo interesse, pur essendo potenzialmente pericolosa per chi la segue, come vedremo. Agli studi fece seguito una pubblicazione dello stesso anno, apparsa sulla rivista scientifica Annals of Internal Medicine.
L’obiettivo di base per favorire la perdita di peso, innanzitutto, è lo stimolo del metabolismo, da raggiungere appunto grazie al consumo di cibi gelati. Almeno nelle promesse, questo permetterebbe di bruciare calorie nella digestione. Secondo l’ideatore, infatti, assumere un litro di acqua gelata ne fa consumare 140-160, perché l’organismo, secondo il principio della termogenesi, per sciogliere il ghiaccio impiega energie, favorendo quindi il dimagrimento. Il cibo freddo, inoltre, contribuirebbe ad aumentare il senso di sazietà, altro fattore significativo per lo scopo appena citato.
La Ice diet, però, non prevede interi pasti gelati, bensì l’assunzione di ghiaccio dopo mangiato o di spuntini da freezer a metà mattina e al pomeriggio, come ad esempio frutta ghiacciata, granite o ghiaccioli da preparare in casa, partendo da spremute senza zucchero. Oltre a questo, il piano suggerisce alcuni principi sempre validi, come svolgere attività fisica regolare e seguire un regime ipocalorico. Riguardo alle controindicazioni, Weiner stesso precisa che:
- la dieta del ghiaccio va evitata quando fa troppo caldo o troppo freddo, dopo aver praticato attività fisica e se si soffre di sensibilità gengivale;
- non bisogna superare il litro di acqua ghiacciata al giorno, per evitare l’affaticamento degli organi interni.
Cosa promette la Ice diet?
Secondo chi l’ha proposta, la dieta del ghiaccio potrebbe far perdere fino a 3 chili a settimana, considerando sempre il fattore termogenico nel contesto di un regime ipocalorico e in abbinamento all’esercizio fisico. Tuttavia, non sono noti dati precisi e specifici per valutare i vantaggi dovuti all’uso di cibi congelati.
Sulla Ice diet, ad ogni modo, sono piovute critiche pressoché unanimi dal mondo scientifico, per la mancanza di evidenze provate a sostegno dell’ipotesi metabolica affermata da Weiner. Di contro – come abbiamo visto occupandoci dell’abitudine di bere acqua molto fredda – si sottolineano i rischi che il consumo eccessivo di prodotti ghiacciati può comportare:
- rallentamento della digestione;
- danni alla mucosa e alterazione dell’equilibrio intestinale;
- induzione dell’ipotermia;
- dolore a denti e gengive;
- accentuazione dei sintomi del reflusso gastroesofageo.
Le considerazioni di Enzo Spisni: “La dieta del ghiaccio è potenzialmente pericolosa”
Per approfondire i possibili effetti negativi della dieta del ghiaccio abbiamo interpellato il professor Enzo Spisni, il quale introducendo le sue considerazioni puntualizza che “in modo errato, la Ice diet si basa sul conteggio calorico, un presupposto di per sé limitato per impostare un piano alimentare. È vero che il consumo di un alimento congelato comporta un dispendio calorico supplementare legato alla termogenesi, perché l’organismo è costretto a riportarlo a una temperatura consona per il processo digestivo. Per scaldare questo cibo, quindi, si verifica una leggera perdita di calorie, molto poche per la verità. Se ci fermiamo a questo conteggio, stiamo parlando di poco più di un centinaio di kcal al giorno, pari all’ingestione di circa 25 grammi di carboidrati o 10 di grassi, ovvero un cucchiaio raso di olio d’oliva, un impatto minimo nel quadro dell’alimentazione quotidiana”.
In termini di dispendio energetico, per ottenere lo stesso risultato “meglio fare una passeggiata, oppure – volendo sfruttare la termoregolazione in questo senso – si può optare per una doccia fredda in estate, a stomaco vuoto. Pertanto, il principio su cui si basa la dieta del ghiaccio non regge, parliamo di quantità molto ridotte di calorie, che non spostano nulla dal punto di vista nutrizionale. Un piano ipocalorico, in genere, comporta un taglio di 400-500 kcal, e ad ogni modo è sbagliato limitarsi a considerare solamente le calorie assunte”.
I problemi fondamentali della Ice diet
Precisando gli aspetti già evidenziati in precedenza, Spisni aggiunge che “questa dieta comporta due tipologie di danno e di rischio. Soprattutto in estate, ingerire cibi gelati favorisce la congestione digestiva, che è sempre da evitare, perché può portare anche allo scompenso cardiaco e richiedere perfino cure ospedaliere. Di conseguenza, suggerire alle persone di mangiare cubetti di ghiaccio o frutta congelata a -20° C è assolutamente sbagliato”.
Oltre a questo, prosegue l’intervistato, “gli enzimi digestivi che vengono prodotti dalle ghiandole gastriche e il funzionamento stesso di queste ultime avviene a 37 gradi, quindi, dal momento in cui si ingerisce un cibo ghiacciato gli enzimi non funzionano o funzionano pochissimo. Introdurre nell’intestino proteine mal digerite o non digerite espone a problemi dovuti all’alterazione della permeabilità intestinale: lo stomaco ha la funzione di svolgere una prima digestione proteica, oltre a estrarre i nutrienti da ciò che mangiamo, in particolare vitamina B12, calcio, ferro e altri micronutrienti, funzione che appunto si perde in gran parte consumando pasti congelati. Ovviamente, con uno solo pasto gelato al giorno cambia poco, ma se si utilizza questa strategia tutto il giorno, magari mantenendola per settimane, oltre al rischio di congestione si incorre anche in quello dovuto al blocco dell’attività gastrica, che comporta il mancato assorbimento di sostanze preziose”.
Pertanto, secondo Spisni, “la dieta del ghiaccio va bocciata senza appello. Per sfruttare correttamente l’azione della termogenesi, peraltro, si deve avere freddo in tutto il corpo e per un tempo abbastanza lungo. L’idea di utilizzare il freddo attraverso gli alimenti, invece, è assurda, perdipiù in estate comporta alti consumi energetici, ben lontani dall’attenzione per la sostenibilità ambientale che dovrebbe caratterizzare la nostra epoca”.
Stimolare il metabolismo con le giuste proporzioni tra i nutrienti
Al di là delle basse temperature alle quali sottoporre gli alimenti, Spisni precisa che è possibile influenzare positivamente il metabolismo, equilibrando in modo corretto i nutrienti che si assumono. “Risentiamo moltissimo delle percentuali di macronutrienti che mangiamo, perché da queste dipende anche lo stato del microbiota intestinale. Con una dieta corretta e bilanciata – alla quale abbinare l’attività fisica – possiamo stimolare il metabolismo basale e rendere l’intestino meno propenso a favorire obesità”.
Pertanto, “è fondamentale mantenere un metabolismo efficiente, e lo si fa distribuendo correttamente i macronutrienti, inclusa la fibra, il cui ruolo in tanti erroneamente sottovalutano. Quindi, occorre un giusto rapporto tra carboidrati, proteine e lipidi: non ci deve essere un pasto senza la giusta quota di questi nutrienti e di fibre. Già questo stimola il metabolismo, a prescindere dall’attività fisica. Un bilanciamento corretto va dal 45% di carboidrati nelle fasi dimagranti e fino al 50-60% nelle fasi di crociera. La quota giornaliera di proteine deve essere di 0,8-1,2 grammi (1 g come media) per ogni chilogrammo di massa corporea, considerando come riferimento il peso forma, mentre i grassi devono coprire il restante 20-25% dell’introito calorico”.
Gli errori frequenti di chi vuole dimagrire
Spisni aggiunge che “spesso le persone che si rivolgono ai nutrizionisti, di fronte al piano alimentare proposto, ritengono eccessive le quantità, temendo di ingrassare ulteriormente. Dopo averlo sperimentato, però, si stupiscono testimoniando il contrario. Sembra un miracolo, ma è solo l’effetto del corretto bilanciamento dei macronutrienti. In genere, chi vuole dimagrire elimina i carboidrati, ritenendoli la fonte dell’obesità, un errore molto comune.
C’è chi si orienta verso diete iperproteiche e chi verso un’alimentazione iperlipidica, ovvero mantenendo una quota proteica corretta ma abbattendo i carboidrati, dal momento che non si sa scegliere correttamente quali consumare, perché questi non sono tutti uguali. In questo senso i cereali integrali sono il punto di riferimento, oltre a essere alla base della vera dieta mediterranea. Se invece per carboidrati si intendono solo pane bianco e pasta, si sbaglia di grosso. Per quanto riguarda i grassi, occorre sempre tenere molto bassa la quota dei saturi, puntando sui monoinsaturi, come l’olio extravergine di oliva, e sui polinsaturi, dei quali sono fonti i semi oleosi e il pesce, ad esempio”.
Sulle proteine, prosegue l’intervistato, “chi è vegano dovrebbe fare giusti mix tra fonti diverse, combinando quelle dei cereali, dei legumi e dei semi oleosi. In generale, per tutti è consigliabile aumentare i consumi di legumi e cereali integrali a scapito di quelli di carne rossa, che è l’elemento che più rapidamente può portare l’intestino in disbiosi (alterazione della flora batterica, ndr), condizione da cui dipende la tendenza del microbiota a favorire il sovrappeso. Anche se in molti esaltano le proteine quando si tratta di dimagrire, l’assunzione eccessiva di questi nutrienti è un fattore che favorisce l’obesità, come è stato riconosciuto da molti organismi internazionali, tra cui la Società europea di pediatria. Si perde massa grassa mangiando la giusta quota di carne, l’unica eccezione a questa regola è rappresentata dalla dieta chetogenica, che ha altre controindicazioni e va seguita solo in alcune situazioni particolari e sotto controllo medico. Eccetto la piccolissima parte di persone che hanno necessità cliniche di fare diete di questo tipo, tutti gli altri – il 99% della popolazione – possono dimagrire consumando la corretta dose di carboidrati, e non abbattendoli.
Rispetto alla carne, inoltre, “non va trascurato il possibile impatto negativo dovuto alle cotture, specialmente quelle alla griglia, che sviluppano composti leggermente cancerogeni rispetto alla tumorigenesi colon-rettale. Le grigliate, ad esempio, andrebbero sempre associate a grandi quantità di fibra, quindi anche in queste occasioni è importante mangiare verdura, che consente di ridurre la tossicità della carne”.
Sfruttare la termogenesi in modo corretto
Anche se la dieta del ghiaccio va evitata, la termogenesi può essere sfruttata proficuamente con il movimento in un ambiente freddo. Nel computo calorico, conclude Spisni, “una camminata di dieci minuti nell’acqua fresca del mare o di un lago ha lo stesso effetto di mangiare prodotti gelati, senza turbare la digestione. In inverno, invece, una moderata esposizione al freddo – senza esagerare – aiuta a mantenere la corretta percentuale di tessuto adiposo bruno, molto utile ai fini del metabolismo”.
Come sempre, prima di intraprendere diete dimagranti consigliamo di rivolgersi al proprio medico o a un nutrizionista, evitando il fai-da-te.
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