La gravidanza è un momento molto delicato nella vita di una donna, in cui paure sopite possono risvegliarsi in un atavico istinto di protezione. Ci si preoccupa non più solo per se stesse, ma anche per la nuova vita che si porta in grembo. Per questo motivo molte donne cercano di curare di più l’aspetto alimentare. Nonostante questo può capitare di incorrere comunque in una tossinfezione alimentare, ovvero nelle conseguenze dell’ingestione di alimenti guasti o contaminati. Cosa succede se mangi qualcosa di scaduto in gravidanza? Ecco cosa fare.
Cibo scaduto e gravidanza, cosa succede al corpo
Ti potrebbe interessare anche:
Anche se consumare cibo scaduto per molti è un’abitudine anti-spreco, in gravidanza è sicuramente preferibile evitare. E’ vero anche che non tutto il cibo scaduto è pericoloso, e molto dipende dal fatto che si tratti di alimenti con la dicitura “da consumarsi preferibilmente entro” o “da consumarsi entro”. I primi non diventano pericolosi dopo la data indicata, che garantisce il mantenimento delle qualità organolettiche fino alla scadenza ma che se conservati correttamente restano commestibili. La seconda indica che l’alimento potrebbe subire serie modificazioni ed è bene evitare di consumarlo passata la data di scadenza. Può comunque capitare di ingerire per sbaglio alimenti scaduti. I sintomi si manifestano con mal di stomaco, vomito, diarrea, crampi e disidratazione.
Gravidanza e tossinfezioni alimentari, cosa fare
In genere i sintomi di una tossinfezione alimentare si risolvono spontaneamente una volta che il corpo ha eliminato, proprio attraverso il vomito e la diarrea, il prodotto incriminato. Se i sintomi sono di particolare rilevanza o perdurano a lungo è invece utile rivolgersi al medico. In gravidanza è ancor più importante se si riscontrano segni di disidratazione, come labbra secche, sete eccessiva o vertigini. Sono sintomi seri anche la comparsa di febbre, l’assenza di urine, sangue o pus nelle feci e dolori forti all’addome, o ancora se la diarrea non si arresta o le feci appaiono catramose. Il medico valuterà se prescrivere una terapia o provvedere almeno alla reintegrazione dei liquidi attraverso una flebo.