L’ottimismo è il sale della vita, recita un antico adagio che non soltanto ci indica un modo di affrontare le giornate, ma pone anche l’accento sul ruolo fondamentale del sale in cucina. Utilizzato sin dall’antichità per insaporire e conservare gli alimenti, anche oggi non manca mai in casa e abbiamo imparato a conoscere e riconoscerne molte tipologie differenti. Ma cosa distingue il classico sale da cucina, quello iodato e quello integrale? Abbiamo chiesto alla dottoressa Daniela Destino, biologa nutrizionista, di spiegarci le differenze e utilizzare al meglio e in maniera sana il sale negli alimenti.
Il sale è un ingrediente molto semplice, di solito costituito quasi soltanto da cloruro di sodio. Ma esistono numerose tipologie di sale – compresi quelli colorati – che hanno le stesse caratteristiche nutrizionali, ma origini e lavorazioni differenti. I più famosi sono:
Ciascun sale si adatta, poi, a preparazioni differenti. Ad esempio il sale di Cervia è impiegato nelle ricette dolci, mentre il sale rosso delle Hawaii si sposa perfettamente con la carne. La scelta è molto ampia, ma il criterio davvero importante è quello della salute, prestando attenzione soprattutto alle quantità.
In conclusione, è bene ricordare che un eccesso nel consumo di sale può risultare dannoso per l’organismo e che, di conseguenza, è preferibile non esagerare. Oltre a dosare bene questo ingrediente quando si cucina, la dottoressa consiglia di leggere molto attentamente le etichette dei cibi conservati che acquistiamo al supermercato per via dei sali aggiunti e di alternare varie tipologie, come il gomasio, proprio per assicurarsi sempre piatti saporiti e sani!
L’articolo Classico, iodato o integrale? Il parere della nutrizionista sul sale da cucina sembra essere il primo su Giornale del cibo.
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