Quando si parla di specialità simbolo della cucina trentina e altoatesina, non si può fare a meno di citare loro: i canederli. Il nome deriva dal termine tedesco knödel (che significa, appunto, “gnocco”) e sono, di fatto, dei grossi gnocchi a base di pane raffermo, che si prestano alla preparazione di primi piatti della tradizione. Nascono come piatto di recupero dalla cultura dei contadini di montagna e si caratterizzano per la loro particolare forma a palla. Presenti anche nella cucina dei paesi di influenza germanica, in Italia trovano diffusione soprattutto in Trentino Alto-Adige, in particolare nella provincia di Bolzano, e sono inseriti nell’elenco dei PAT depositato presso il MIPAAF. Andiamo di seguito a scoprire meglio origini, storia e preparazione dei canederli trentini e altoatesini.
La tradizione dei canederli in Trentino Alto-Adige ha radici storiche che riportano al Medioevo. Tra gli affreschi di Castel Hocheppan (ovvero, il Castello di Appiano), antica fortificazione arroccata su un monte in località Missiano, da cui si può ammirare una vista spettacolare sull’intero Oltradige fino al capoluogo Bolzano, è conservato quello, risalente al XII secolo, che raffigura le cosiddette “mangiatrici di canederli”.
Una leggenda popolare vuole che siano nati a seguito dell’incursione di alcuni soldati mercenari di passaggio in una locanda altoatesina. A fronte della richiesta di cibo da parte degli avventori, nonostante l’ora tarda, la locandiera improvvisò qualcosa con ciò che le era rimasto in cucina. Da qui l’idea di tagliuzzare avanzi di speck e altri salumi e impastarli con pane raffermo, farina e latte, fino a creare delle palline da cuocere in acqua bollente. Al di là delle leggende, è certa l’origine umile: i canederli sono, infatti, quel che si definisce un piatto di recupero. La necessità contadina di utilizzare al meglio – e soprattutto di non sprecare – le poche risorse a disposizione è stata l’ispirazione di una specialità che, non a caso, è a base di materie prime come il pane raffermo e la farina, frutto del lavoro nei campi, e uova e speck, legate all’allevamento del bestiame.
A differenza di altri primi piatti regionali tipici, quali ad esempio la Pasta all’Amatriciana STG o i Pizzoccheri della Valtellina IGP, per i canederli non esiste una ricetta di riferimento e codificata. Ogni famiglia altoatesina con radici contadine ha la sua, con piccole varianti e segreti tramandati di generazione in generazione.
Gli ingredienti base, tuttavia, possono essere riassunti in pane raffermo, burro, latte, uova, cipolla e prezzemolo, cui si può aggiungere facoltativamente la farina. La versione più diffusa prevede poi l’aggiunta dello Speck Alto Adige IGP, tagliato sottilmente o a dadini. A questo punto entra in gioco l’abilità manuale nel saper amalgamare il tutto in un composto omogeneo, da cui ricavare le tipiche palline. Il passaggio finale è la cottura in acqua bollente e salata, che deve avvenire a fuoco blando e preferibilmente con coperchio appena scostato dal bordo della pentola, per circa quindici minuti. Vari anche i modi di servirli e di condirli: il più tradizionale è in brodo di carne, che li rende particolarmente morbidi ed esalta la sapidità dello speck, ma possono essere serviti anche asciutti con burro e salvia o con una crema di formaggi tipici, quali il Trentingrana DOP o il Graukäse.
Come accennato all’inizio, il termine canederlo deriva dal tedesco Knödel. Le sue origini sono, non a caso, legate alla cultura teutonica e la sua diffusione riguarda diversi paesi dell’Europa centro orientale: dalla Germania all’Austria, fino anche a Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria e Polonia. È soprattutto nell’area del Tirolo però che si sono radicati, diffondendosi quindi in tutto il Trentino Alto-Adige, con particolare riferimento alla provincia di Bolzano. Qui, infatti, l’influenza della cultura tirolese è presente a tutto campo: dai pascoli d’alta quota, che forniscono il latte per produrre burro e formaggi d’alpeggio, all’allevamento suino, da cui si ricavano carni e insaccati come lo speck, fino ai prodotti da forno. L’uso della farina di segale nella produzione del pane è un tratto caratteristico del territorio, così come specialità tipiche quali il brezel e, tra i dolci, lo strudel. Come da buona tradizione montanara poi, in cucina trovano spazio ricette e preparazioni calde e dai gusti decisi e speziati: le carni di cacciagione, come il cinghiale, il cervo e il capriolo, spesso accompagnate dalla polenta, e primi piatti, quali, appunto, i canederli e gli spätzle (semplici gnocchetti dalla forma irregolare a base di farina, acqua e uova).
Abbiamo detto che non esiste la ricetta unica e inderogabile dei canederli. Ci sono, anzi, tante varianti, sia nella preparazione dell’impasto, sia nel modo di servirli e condirli. Se la più diffusa è quella a base di speck, da servire in brodo o asciutti e conditi semplicemente con burro fuso, altre versioni tipiche sono alle rape rosse, agli spinaci o con formaggi del territorio, come ad esempio il già citato Graukäse.
Ne esistono addirittura anche dolci. Se per le varianti salate l’impasto resta sostanzialmente lo stesso, con pane raffermo, uova, burro, latte e cipolla, cui aggiungere gli altri ingredienti caratterizzanti, per quelle dolci il pane è sostituito dalla farina e trova spazio anche lo zucchero. I canederli di albicocche, ad esempio, si preparano con di farina, uova, zucchero, sale, latte e burro, cui si unisce la ricotta o un formaggio spalmabile, tipo quark. Se ne ottiene un impasto da tirare in una sfoglia sottile, dalla quale ricavare quadrati di circa 7 centimetri per lato, che vengono infine avvolti intorno alle albicocche precedentemente denocciolate e farcite con marzapane. Si cuociono per circa otto minuti in acqua salata e si servono asciutti, con una salsa di burro fuso e pangrattato da completare con una spolverata di cannella. Altre versioni dolci possono essere preparate sfruttando la frutta di stagione, come le fragole o le prugne, oppure chiudendoli intorno a un cuore di cioccolato.
Dopo aver parlato della storia dei canederli, della loro diffusione nella cultura trentina e altoatesina in particolare e delle tante versioni in cui sono proposti, concludiamo focalizzandoci sulla ricetta più tipica. Quella che vi proponiamo è una versione tratta dal sito ufficiale del turismo in Alto Adige, ma le quantità degli ingredienti possono variare significativamente, a seconda soprattutto della dimensione che si vuole dare al singolo canederlo. Ecco, di seguito, come si preparano i canederli allo speck.
Ingredienti (per 4 persone)
Procedimento
In alternativa a quanto descritto, lo speck può essere rosolato insieme alla cipolla e al burro, mentre la farina può essere ridotta o addirittura eliminata, specie se si opta per aggiungere il latte caldo al composto a base d’uova. Particolare attenzione poi va prestata alla fase di amalgama dell’impasto, che determina la consistenza finale. È importante, infatti, che il pane e lo speck siano tagliati a tocchetti fini, in modo da riuscire a compattarli meglio ed evitare dunque che compromettano la tenuta del canederlo.
A conclusione di questa virtuale esperienza gustativa, la palla… anzi, il canederlo passa a voi, cari lettori. Avete già provato i canederli trentini e altoatesini? Quali sono le versioni che conoscete e apprezzate di più e quali, invece, sareste curiosi di assaggiare?
L’articolo Canederli: la tradizione del Trentino Alto-Adige in un piatto sembra essere il primo su Giornale del cibo.
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