Il nostro corpo è preparato ad affrontare digiuni più o meno lunghi. Nell’antichità consumare dei pasti in maniera regolare non era assolutamente scontato, e l’organismo si è sviluppato in quella realtà. Oggi il nutrirsi ha perso la sua originaria funzione di sola sopravvivenza, ed è stato investito di un ruolo sociale e trasformato in abitudine e convenzioni. Sono in molti a teorizzare che molte patologie oggi comuni derivino proprio da questa introduzione abitudinaria di cibo che, per altro, di nutrizionale spesso ha ben poco. Un essere umano può sopravvivere al digiuno totale fino ad un mese, e anzi nelle pratiche igieniste, questo viene applicato proprio per stimolare il corpo ad autorigenerarsi e modificare il metabolismo e le abitudini alimentari. Viene però effettuato in un ambiente controllato o, per chi già ne ha pratica e conoscenza, anche da solo. Ma cosa succede se non mangi per 3 giorni?
Il corpo umano a digiuno per tre giorni, ecco cosa avviene
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Il corpo ha costante necessità di glucosio, che durante la digestione viene ottenuto dal fegato attraverso la trasformazione dei cibi introdotti. Il fegato si occupa poi di rilasciarlo a seconda delle necessità metaboliche. Poiché la digestione termina entro 6 ore, questo è il tempo dopo la quale ci si può considerare a digiuno. In pratica avviene tutte le notti, momento nel quale il fegato attinge alle proprie riserve energetiche attraverso un processo noto come glucogenesi, in cui trasforma le riserve di glicogeno epatico in glucosio. Dopo 24 ore però anche queste riserve terminano. Per questo il corpo attinge ad ulteriori riserve, alcune sempre presenti nel fegato, mentre altre si trovano nei muscoli.
Come il corpo si organizza in un digiuno di 3 giorni
In un digiuno prolungato dunque si arriva un processo chiamato attraverso cui vengono catabolizzate le proteine corporee. Poiché per ogni g di glucosio sono necessari 1,7 g di amminoacidi e il solo cervello ne richiede 120 g al giorno, dopo circa 48 ore di digiuno l’organismo inibisce la glucogenesi e attiva una ulteriore risorsa, bruciando gli acidi grassi. Attraverso la loro metabolizzazione si ottiene la chetogenesi, con un conseguente abbassamento del pH corporeo. Contemporaneamente il corpo aumenta adrenalina e cortisolo e riduce insulina/glucaone e si assiste ad un calo degli ormoni tirotidei T3 e T4, ottenendo così una riduzione del metabolismo basale allo scopo di preservare le proteine presenti nel corpo e ricorrere ad un maggiore consumo degli acidi grassi.