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Viviamo in un mondo globalizzato: negli ultimi anni anche in Italia sono aumentati i ristoranti etnici di ogni tipo e, di conseguenza, anche la richiesta di determinati alimenti, come sushi, kebab, cous cous, poke, ad esempio. Questo ha portato a una industrializzazione di molti di questi prodotti, che vengono realizzati su larga scala e che, quindi, si riescono a trovare già pronti sugli scaffali dei supermercati o nei banchi frigo.
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Anche il surimi, originario del Giappone, oggi è ampiamente venduto e consumato nelle nostre case proprio grazie alla produzione industriale. Se in origine era cucinato e mangiato sul posto, quello che arriva nelle nostre tavole invece è un alimento confezionato, che ha subito un lungo processo di lavorazione. Per essere distribuito e conservato è infatti necessaria l’aggiunta di altri ingredienti per assicurare che non si deteriori nel tempo, sotto il profilo microbiologico e sensoriale. Questo aspetto ha portato molti a chiedersi se effettivamente sia un prodotto “sicuro”: a tal proposito, in questo articolo vediamo come è fatto il surimi che si trova al supermercato, quali sono i suoi ingredienti e se la sua composizione è da ritenere pericolosa per il consumatore.
Com’è fatto il surimi e quali sono i suoi ingredienti
Questa preparazione è costituito da polpa di pesce macinato e poi amalgamata insieme ad altri ingredienti: “surimi” in giapponese vuol dire infatti “pesce tritato”. Se la ricetta originaria giapponese era molto semplice – polpa di pesce macinata, lessata e poi addizionata di qualche spezia –, oggi questa tipologia di prodotto in commercio contiene molti più ingredienti, necessari per dare la consistenza e il sapore che oramai viene associato al prodotto (solitamente al gusto di granchio) e per favorirne la conservazione.
Il surimi venduto in Italia si trova sotto forma di piccoli cilindri di colore arancio-rosso all’esterno con l’interno bianco. Da tradizione, il pesce utilizzato per la produzione era esclusivamente il merluzzo dell’Alaska, mentre ad oggi vengono utilizzate una mescolanza di specie ittiche di basso valore commerciale. In etichetta, nella lista ingredienti, si ritrova la denominazione “polpa di pesce tritata” senza specificare però le specie utilizzate e in quale proporzione tra loro.
Durante la lavorazione i pesci delle diverse specie vengono tritati, macinati e pressati insieme, di seguito addizionati ad altri ingredienti, riportati nelle etichette, come:
- fecola di patate;
- amido;
- amido di frumento;
- albume d’uovo;
- grassi vegetali (olio di colza o palma);
- spezie varie;
- aromi (aroma di granchio o altri crostacei);
- esaltatori di sapidità come il glutammato monosodico;
- stabilizzanti;
- coloranti.
Gli allergeni del surimi
Un altro aspetto molto importante da tenere presente volendo consumare il surimi è la presenza di allergeni. Le sostanze considerate “possibili allergeni”, elencati nel Reg 1169/2011, sono 14, tra cui il pesce e prodotti a base di pesce. Oltre a questa categoria, troviamo anche l’uovo e il grano, mentre in alcuni marchi viene specificato anche come il prodotto potrebbe contenere tracce di molluschi, crostacei, latte e sedano, perché all’interno della stessa azienda avvengono produzioni diversificate: anche se separate da più linee produttive e realizzate in tempi diversi, è pur sempre difficile ridurre al minimo la possibilità di una contaminazione crociata tra i diversi alimenti.
Il surimi è un alimento sicuro?
Alla luce di quanto abbiamo detto sopra, cerchiamo di capire se il surimi possa dirsi un alimento salutare o a cui dobbiamo prestare attenzione, per farlo iniziamo considerando come viene ottenuto.
Il processo produttivo che porta all’ottenimento del surimi è caratterizzato da due fasi di lavorazione: la prima inizia in mare, direttamente sulle navi officina, e la seconda in azienda. Il pesce subisce diversi cicli di lavaggio prima di ottenere l’alimento finito, e già questo causa la perdita di vitamine e sali minerali; le proteine non vanno perse, ma si ha invece una diminuzione di lipidi, soprattutto di acidi grassi polinsaturi ottimi per il nostro organismo.
Inoltre, nonostante la definizione che il surimi possiede, cioè prodotto a base di “pesce tritato”, di pesce ne contiene ben poco: la sua quantità nel surimi che noi consumiamo, infatti, è circa il 30-40% dell’intero prodotto, come viene specificato anche in etichetta. Se si pensa di andare a consumare pesce, fonte di proteine e grassi eccellenti, purtroppo non è così: ciò che andremo a consumare in maggiore quantità è in realtà costituito da additivi, sale, carboidrati e grassi di origine vegetale.
In particolare, i notevoli livelli di sale e zuccheri, presenti in tutti gli alimenti altamente trasformati, potrebbero innalzare l’indice glicemico e diminuire la percezione del senso di sazietà facendo consumare più cibo del dovuto. Di conseguenza, è un prodotto sconsigliato a chi soffre di diabete e ipertensione, come riporta Humanitas, e tra l’altro contiene una notevole quantità di sostanze che possono causare allergie, come detto nel precedente paragrafo, per cui è fondamentale leggere attentamente l’etichetta.
La cottura e la pastorizzazione (dopo il confezionamento) del surimi dovrebbero scongiurare la presenza di parassiti o batteri, si può ritenere quindi un alimento sicuro dal punto di vista microbiologico. Ma – si legge sempre su Humanitas – può diventare pericoloso quando viene preparato con conservanti o additivi non autorizzati o sopra il limite consentito rispetto a quelle imposte dalla normativa in merito, anche se si tratta comunque di un prodotto sottoposto a numerosi controlli.
Per concludere, quindi, possiamo dire che non sussiste un pericolo particolare per chi mangia il surimi: si consiglia di consumarlo con moderazione perché trattasi pur sempre di un alimento confezionato e non particolarmente pregiato.
Voi lettori, sapevate come è fatto il surimi?
L’articolo Surimi: cosa c’è davvero dentro ai bastonicini di pesce arancione? sembra essere il primo su Giornale del cibo.