Tra le bevande più diffuse e amate al mondo, oltre il latte, il tè, le bibite gassate e il vino, c’è anche la birra. È immancabile quando si mangiano hamburger, pizza o sfiziosi piatti fritti, ma è anche perfetta per un aperitivo rinfrescante, soprattutto nel periodo estivo.
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Con il termine ‘birra’, si intende una bevanda alcolica ottenuta dalla fermentazione del malto, dell’orzo o di altri cereali, con aggiunta aromatizzante di luppolo, addizionata con anidride carbonica. Ne esistono numerose varietà: bionda, rossa, scura, filtrata e non, cruda o pastorizzata e tante altre ancora. Insomma, ce n’è per tutti i gusti e palati.
Ma non solo birra tradizionale: in commercio, infatti, troviamo anche quella senza alcol, prodotta già da tempo e molto apprezzata soprattutto negli ultimi anni. Ma come si fa la birra analcolica e come mai è diventata una bevanda così richiesta e consumata? Scopriamolo insieme in questo articolo.
Le antiche origini della birra e il trend di quella analcolica
Prima di approfondire la conoscenza della birra analcolica, è bene sapere che le origini della birra sono antichissime. Gli studi condotti in merito alla sua nascita fanno risalire la prima produzione di bevande fermentate a partire dai cereali all’epoca degli Assiro-Babilonesi e Sumeri. Il consumo di questa bevanda si è poi diffuso dalla Mesopotamia in Egitto, e la birra ha iniziato a essere conosciuta e consumata dai Greci, Romani e Celti. Le tappe successive, che portano all’ulteriore produzione e espansione della birra in Europa e nel resto del mondo, sono numerose, fino ad arrivare alla commercializzazione industriale dei giorni nostri e all’invenzione nel secolo scorso di quella “senza alcol”. Il mercato di quest’ultima, secondo un’indagine della società di ricerche di mercato Global Market Insights, nel 2019 ha superato i 9,5 miliardi di dollari (quasi otto miliardi di euro) e si stima che, entro il 2026, registrerà una crescita annua superiore al 7,5% e raggiungerà un valore superiore a 22 miliardi di dollari.
Birra alcolica e analcolica a confronto: cosa dice la normativa
Quindi, dalla Mesopotamia, con la nascita della prima birra, all’“invenzione” di quella analcolica. Ma quali sono le differenze tra le due tipologie? Secondo la normativa vigente, la denominazione «birra» è riservata al prodotto ottenuto “dalla fermentazione alcolica con ceppi di Saccharomyces carlsbergensis o di Saccharomyces cerevisiae di un mosto preparato con malto anche torrefatto di orzo o frumento o di loro miscele ed acqua, amaricato con luppolo suoi derivati o con entrambi”. Sempre la stessa legge, invece definisce la «birra analcolica» come “il prodotto con grado saccarometrico o zuccherino in volume inferiore a 3 e non superiore a 8”, dove per grado saccarometrico si intende la quantità di zuccheri presenti nel mosto prima della fermentazione. Non esiste una precisa corrispondenza tra grado alcolico e grado zuccherino, ma in modo approssimativo si considera che a 3 gradi saccarometrici corrisponda 1 grado alcolico. Più la percentuale del volume alcolico della birra aumenta, più alto sarà il grado saccarometrico.
La birra analcolica, quindi, presenta un bassissimo contenuto alcolico, ma non ne è totalmente priva: la percentuale d’alcol ammessa, affinché la birra in commercio possa essere etichettata come ‘analcolica’, varia da Paese a Paese. In Italia, ad esempio, la percentuale massima consentita è dell’1,3 %, in Germania dello 0,5%, mentre negli Stati Uniti addirittura dello 0,4%.
Così come la classica birra, però, anche per la birra analcolica gli ingredienti per ottenerla sono: orzo, malto, cereali, luppolo, lieviti e acqua. Ma come si fa a privare il prodotto dall’alcool?
Come si fa la birra analcolica?
La produzione della birra tradizionale alcolica conta diverse fasi che sono sufficientemente complesse: ci si può dilettare a produrla in casa, come vi abbiamo spiegato nel nostro approfondimento, ma si tratta di una filiera molto articolata. Detto questo, focalizziamo la nostra attenzione unicamente sulla fermentazione. Per avviare il processo fermentativo nel mosto, ottenuto durante i primi passaggi di lavorazione dei cereali e addizionato del luppolo, viene inoculato il lievito starter, che andrà a consumare il residuo di zuccheri per trasformarli in alcol etilico, vasta gamma di aromi secondari e anidride carbonica. A questa fase si deve prestare particolarmente attenzione per bilanciare la gradazione alcolica e l’anidride carbonica al fine di ottenere poi il prodotto desiderato, che però deve subire ulteriori lavorazioni prima di essere considerato pronto da bere.
Perciò, l’alcol e l’anidride carbonica si ottengono per fermentazione alcolica degli zuccheri da parte del lievito. Per ottenere la birra analcolica, invece, il metodo più utilizzato è quello di interrompere la fermentazione quando la bevanda raggiunge il tasso alcolico desiderato, nel caso delle produzioni italiane al massimo dell’1,3%. In alternativa, si possono usare anche mosti che presentano un ridotto quantitativo di zuccheri fermentescibili e lieviti a basso potere fermentativo, quindi in grado di produrre meno alcol. È anche possibile diluire il tutto con acqua, in modo da arrivare a ottenere il titolo alcolometrico desiderato. Oppure, si possono portare avanti delle operazioni dette “sottrattive”, ossia delle tecniche fisiche che prevedono la filtrazione e alcuni trattamenti termici, quali distillazione o evaporazione sotto vuoto dell’alcool, per arrivare ad avere una birra con un contenuto alcolico bassissimo.
Birra analcolica: perché sceglierla?
Sono tanti e diversi i motivi per cui si sceglie di bere la birra analcolica: prima di tutto, per ragioni di gusto, poi senz’altro per ridurre l’assunzione di alcol, perché i consumatori sono diventati più consapevoli degli effetti negativi del suo eccessivo consumo; infine, perché contiene meno calorie rispetto a una normale birra e quindi è indicata anche per gli atleti o per chi è a dieta.
L’apporto calorico della birra, infatti, dipende strettamente dal suo contenuto alcolico: 1 grammo di alcol etilico fornisce circa 7 kcal, e quindi più la birra è alcolica più calorie contiene. Bere birra alcool free è senza dubbio un’ottima soluzione per chi non vuole rinunciare al gusto di questa bevanda e fare attenzione alla linea. Oltre al basso apporto calorico, la birra analcolica contiene una serie di nutrienti importanti, come una minima parte di carboidrati, ottima fonte di energia, proteine, vitamine del gruppo B e sali minerali, tra cui potassio e magnesio. Si tratta quindi di una bevanda ideale da consumare anche dopo uno sforzo fisico per reintegrare i sali persi con il sudore.
In ogni caso, come spiegato nel nostro approfondimento sulla birra e le sue caratteristiche, quella alcolica non è una bevanda da demonizzare: ribadiamo sempre che un’alimentazione equilibrata e varia è alla base per uno stile di vita sano, che non preclude assolutamente il consumo occasionale di birra tradizionale. Tuttavia, sicuramente la birra alcool free può essere considerata un’ottima alternativa.
E voi, avete mai provato la birra analcolica?
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